di Giorgia Clementi

“Roba di campagna, sciocco chi non la mangia” recita un vecchio proverbio marchigiano. Lo sapevano i nostri nonni e lo sanno anche i 15 milioni e mezzo di turisti che scelgono la genuinità dell’agriturismo italiano. Il dato è relativo al 2022 e testimonia una crescita importante del settore, con il 29,2% di presenze in più rispetto all’anno precedente. Buon cibo, contatto con la natura, e ritmi unici di esperienze vissute all’aria aperta sono sempre più al centro della domanda turistica e l’agriturismo è quella struttura ricettiva, tutta italiana, in grado di soddisfare tali richieste.

Le aziende agrituristiche che garantiscono tale offerta sono 25.849, distribuite tra le diverse regioni: 11.410 si trovano al nord, 9.364 al Centro e 5.075 nel mezzogiorno. Nelle Marche, l’elenco regionale degli operatori turistici registra oltre 1200 strutture. La nostra regione – fonte Istat 2024 – è la quinta in Italia per densità di agriturismi rispetto al territorio geografico (sono 10,2 ogni 100 kmq).  Al di la del luogo in cui sono localizzate, fattore che condiziona inevitabilmente la tipologia delle proposte, “gli agriturismi italiani hanno in comune alcuni punti di forza come l’offerta molto ampia di servizi e l’alta qualità di essi”. Ad affermarlo è il marchigiano Augusto Congionti (nella foto), presidente nazionale Agriturist, la prima associazione per l’agriturismo, l’ambiente e il territorio nata nel 1965 dalla volontà di Confagricoltura di promuovere l’agriturismo e le sue potenzialità.

“L’agriturismo italiano come struttura e qualità non si trova in nessun altro posto nel mondo – spiega. – E la sua unicità sta nella proposta di un turismo esperienziale che passa per l’enogastronomia regionale, per la genuinità dei prodotti e per il lavoro stesso degli imprenditori agricoli che con la loro opera contribuiscono alla manutenzione e alla valorizzazione di un territorio”. Aziende sempre più multifunzionali che per l’84% sono localizzate in Italia nella fascia collinare montana. Questo vale anche nella singola regione Marche dove l’80% dei comuni ha almeno un agriturismo ma la maggioranza di essi si trova nelle aree interne: “sarebbe importante per la regione avere un numero maggiore di strutture nella fascia prossima al mare dove c’è scarsa o poca attività. Per farlo è necessario che i prossimi bandi regionali prevedano finanziamenti per queste aree sempre più al centro dell’interesse dei turisti”.

Tendenze turistiche e agrituristiche – Mentre l’intero settore è in crescita sia nel numero delle aziende agrituristiche che nel numero dei turisti, si mostrano in evoluzione anche le tendenze che guidano le azioni di entrambi gli attori. Dal punto di vista turistico, il Covid è stato un importante catalizzatore, afferma Congionti, “accelerando un’esigenza sempre maggiore di vivere gli spazi aperti. Chi meglio di un agricoltore può dare questo? In Italia siamo immersi nella natura agricola, l’agroambiente è il più esteso, ci sono 12 milioni di ettari di boschi che per 2/3 sono proprietà private gestite da imprenditori agroforestali. Nell’agriturismo, il turista non trova solo spazi aperti ma tutte le attività che l’ambiente può offrire, dalle passeggiate a cavallo alla possibilità di percorrere percorsi storici”. Alla genuinità di luoghi ed esperienze si aggiunge l’enogastronomia, “sempre più importante per il turista che vuole degustare la produzione agricola”.

Infine, la piacevolezza dell’ambiente e la bellezza di un territorio curato ma anche la sostenibilità della proposta turistica. Il turista apprezza sempre più realtà ecologiche e sane, così le aziende si stanno adeguando, “portando avanti progetti di produzione di energia rinnovabile e l’utilizzo di tecniche nuove, a basso impatto ambientale”. La proposta più completa in grado di coniugare tutte queste esigenze risiede, secondo Congionti nella fattoria didattica. La prima è nata nel 1986 proprio nelle Marche e oggi in Italia se ne contano 1500; realtà che permettono uno stretto contatto con gli agricoltori e la comprensione di un luogo dove è fondamentale il legame con la terra ed i suoi abitanti, offrendo una proposta “naturalmente esperienziale”.

Un discorso a sé riguarda invece la presenza di imprenditori agricoli stranieri. Sono circa il 10% e solitamente catturano flussi turistici stranieri. Tendono infatti ad ospitare connazionali del loro paese di provenienza grazie anche ad un’attenta attività di promozione e comunicazione. In questo caso, a contare è anche la regione di riferimento: “in Toscana la presenza di turisti stranieri è elevatissima. Nelle Marche dipende dalla localizzazione: sono di più nei comuni vicino al mare o nella zona del Conero mentre nelle aree interne la presenza è soprattutto italiana”.

Prospettive regionali ripensando il Centro Italia –  Che direzione seguire dunque per potenziare l’offerta agrituristica regionale ed incrementarne l’impatto sul territorio? Per prima cosa, secondo il presidente di Agriturist, “non va fatto l’errore di paragonare le Marche alle altre regioni, come ad esempio la Toscana o l’Umbria. Non ci sono regioni che possono essere prese a modello perché ogni realtà ha dinamiche proprie e differenze che vanno necessariamente considerate. Quello che deve essere fatto non è un paragone – conclude – piuttosto un dialogo che unisca le regioni delle macroaree italiane. Creare una realtà che prescinda dai confini regionali o comunali del Centro Italia, con Marche Umbria e Toscana collegate da percorsi cicloturistici, enoturistici e oleoturistici, da percorsi storici o religiosi; elementi in comune che devono fare da collante. Un disegno politico interregionale che dalla valorizzazione delle unicità diventa funzionale per tutte le popolazioni di ogni territorio”.

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